Biel Amer

Fermento cromatico
Biel Amer   |   Febbraio, 2019

La storia dell'arte contemporanea in Italia estesasi nel resto d'Europa, ha due vertici di risonanza internazionale. Il primo ebbe luogo all'inizio del XX secolo, con lo scoppio della rivoluzione "Cubista" e con questa il Futurismo, con l'inizio del manifesto di Marinetti pubblicato a Parigi. Un movimento effimero, inghiottito dalla potenza dell'astrazione e del surrealismo, benché esempio dei cambiamenti ideologici e sociali che implicava, modellati durante la prima metà del secolo. Curiosamente, furono due critici e teorici italiani che crearono denominazioni per inquadrare le nuove forme di espressione artistica sorte all'inizio negli anni '60. Germano Celant raggruppò attorno alla sua definizione "Arte Povera" un'intera generazione di artisti, italiani o meno, la cui rottura con l'arte corrente si manifestò dall'uso di materiali insoliti, non pittorici. Apertura di un cambio di paradigma di grande impatto la cui eco permane ancora. Il movimento successivo fu chiamato "Transvanguardia" da Bonito Oliva.

Era alla fine degli anni '70 e significava un ritorno alla pittura, all'uso di materiali e linguaggi pittorici classici. Tuttavia, questo non era un movimento uniforme, bensì la tendenza di un marcato gruppo di artisti che, individualmente, ruppe con la strategia "Povera" la cui padronanza nel circuito artistico contemporaneo era assoluta. A questo modo espressivo di intendere l'arte si colloca la pittura e la scultura di Vinicio Momoli. Non sarebbe giusto semplificare il lavoro di Momoli unicamente dalla prospettiva pittorica, nel senso di recupero precedentemente espresso. In effetti, il suo lavoro recupera la pittura come elemento di base e come fermento per sviluppare la sua creatività. Sebbene la sua arte sia nutrita non solo di pittura, ad esempio, l'incorporazione di materiali industriali come metacrilato, legno o gomma, è un'interessante simbiosi tra le due tendenze. Da un lato, il dipinto lo avvicina alla "Transvanguardia" e dall'altro, i materiali industriali ad un'aria "Povera", il cui risultato ci avvicina ad un linguaggio artistico solido, personale e ben definito. Se qualcuno crede che questi pezzi con un colore così evidente, siano un tradimento del rigore di "Povera", è completamente sbagliato, perché Momoli è riuscito ad adeguare il suo ascendente artistico a un nuovo discorso, piuttosto, a evolvere sulle premesse dell'"Arte Povera".

Dalla sua già lunga carriera, il concetto artistico di Vinicio Momoli è rimasto fedele ai suoi discendenti, spostandosi verso il campo della plastica di maggior rischio, dalla superficie piatta del dipinto, con le sue varianti nei materiali e nelle forme, alle sue opere più recenti con vocazione scultorea, soggetto all'oggettività senza dimenticare la sua tridimensionalità, come icone fisiche al di là del piano e la sua rigidità. A volte sembra che l'artista esegua il suo lavoro come un "dripping", versando nastri di molteplici colori e materiali, permettendo loro di regolare il ritmo interno di ogni opera, disegnando spazi sul dipinto, sovrapposti come un collage o come articolazioni, trame dinamiche il cui scopo visivo è evidente e riafferma la veridicità "Povera", come impegno plastico, anche generazionale dell'artista. Per questo motivo, l'uso del colore, impastato e compatto, crea masse di pigmento, come le emulsioni vulcaniche, dalle quali compaiono, come prova, piccole incrostazioni di colore, intenso e brillante, di un'incandescenza rivelatrice, di una tensione plastica che l'artista conduce alla lacerazione, prodotto dell'amalgama di plastica tesa. Alcuni con sensualità erogena, invitano ad uno sguardo inquietante e, perché no, lascivo. Pieghe e rughe provocano quegli sguardi. Inoltre, l'uso di una gamma precisa favorisce quell'impressione, toni forti e densi come il rosso, il nero o il blu, persino il bianco. La materia di base, incolore, si è vestita in queste opere con questo spettro cromatico per invitare lo spettatore a lanciare la propria immaginazione, anche, con il permesso dell'artista, potrebbe osare toccarla, scorrendo le proprie dita per quelle striature e cavità voluttuose. Non dimentichiamo che questa è una prerogativa dell'arte, per incoraggiare la nostra immaginazione.

Opera senza concessioni, la pittura di Vinicio Momoli propone una rilettura dei cromatismi e dello spazio pittorico. In alcuni pezzi, la pittura sembra sospesa da una parte del quadro e in altri, la pennellata, sarebbe meglio dire, l'impasto, è solo una suggestiva goccia di colore emulsionata sul supporto per stabilire un semplice dialogo di chiara connotazione minimalista, non per sottoscrizione a questa tendenza, bensì per la sua semplicità ed eleganza Mario Brunello (affermato violoncellista) conferma come "la pittura vive nel silenzio e arriva a descriverlo". Da lì sorge, senza stridori, l'opera pittorica di Vinicio Momoli. L'assenza di suono equivale al silenzio come la staticità al colore.

Gli innovativi pezzi tridimensionali con vocazione scultorea, permettono uno sguardo a 360o, configurando una contemplazione spaziale in cui lo spettatore può rivelare, se coinvolge con il suo esame l'opera, visioni differenti di uno stesso pezzo e controllare come l'arte, in questo caso di Vinicio Momoli, non solo è un'esplosione plastica, anche dinamica. Certamente, da anni l'artista realizza pezzi di grandi dimensioni per esterni, la sua vocazione monumentale contrasta con la dimensione sottile dei suoi dipinti e oggetti, capaci di conservare l'istante della sua creazione, inerti, assenti da qualsiasi pretesa discorsiva e, comunque, capaci di trasmettere la grandezza dell'arte contenuta nella sua singolarità. Sì, sappiamo che l'artista come uomo, traduce-trasporta- il suo ideale plastico in altre dimensioni, come se queste gli permettessero di accedere all'immortalità, alterando il concetto di spazio. Fatto che può essere prodotto dalla grandiosità dello spazio esterno o dal più intimo spazio interno. Contemplare il suo lavoro senza il rumore del suo tempo, del nostro tempo, è un esercizio che non richiede conoscenze artistiche, nemmeno teoriche, con il permesso di Groys. Solo uno dovrebbe essere posto di fronte all'opera e lasciarsi possedere dalle sue forme ed dai suoi colori. Entrare nelle sue cavità, osservare le pieghe, muoversi attraverso i bordi di ogni frammento dei suoi collages. L'avventura è infinita perché possiamo discutere visivamente e di pensiero, la verità dei nostri sensi, specialmente in quei tempi di menzogne e falsità, le cosiddette "fake news", applicate da impostori.



Biel Amer   |   Febbraio, 2019