Valerio Dehò

In occasione della mostra presso la galleria G7
Valerio Dehò   |   Bologna, 2001
antologia_critiva di RENATO BARILLI catalogo_nexiture vinicio momoli

Vinicio Momoli lavora dagli anni ottanta attorno alla semplicità delle forme e dei materiali. La sua finalità è quella di trovare le forme adatte per una chiarezza di rappresentazione oggettuale che si ponga come presenza enigmatica. All'interno degli stilemi del minimalismo opera delle trasformazioni che alterano in modo irreversibile il gioco della ripetizione e dell'accumulo, ma cerca di dare corpo e colore direttamente alla materia. Questa agli esordi era rappresentata principalmente dal ferro e dal legno. Ma in questi lavori erano presenti elementi di segno, anche su carta, che, integrati nei quadri-scultura creavano un effetto di contrappunto tra l'asciuttezza dei materiali e l'elementarità dell'intervento artistico. Momoli ha praticato spesso il disegno non soltanto in quanto progetto dei lavori, ma con un valore autonomo. In questo senso già allora il tentativo consisteva in una sintesi tra semplicità e complessità, tra il tratto individuale del disegno e la progettualità allargata dell'officina. In fondo questo è sempre stato il suo legame con la pittura.
Il lavoro oggettuale degli anni Novanta che lo ha fatto conoscere anche all'estero, sopratutto in Spagna e in Austria, affonda le proprie radici nella minimal, ma lo fa con una sensibilità cromatica che si evidenzia sopratutto in quelle opere in cui il monocromatismo viene riscattato dall'individualità delle superfici e delle scale tonali conseguenti. Anche i prodotti industriali possiedono delle sfumature che non li rendono assolutamente identici e seriali.
Poi l'inserimento di materiali sintetici come le gomme accanto al caucciù o all'acciaio, ha portato la sua ricerca all'interno di una contrapposizione fra naturale e artificiale.

Lo stesso inserimento delle lampadine o dei neon, ha creato un effetto di diffusione dell'opera nell'ambiente, quasi una sua espansione.
La sua attenzione è stata portata verso una sintesi di pittura, scultura interior design.
I suoi "oggetti", come le installazioni a parete, partono da un concetto di abitabilità, cioè da una matrice di tipo visivo che ne condiziona la finalizzazione.
Momoli vuole sempre inserire le sue opere in un concetto e in una realtà di collocazione spaziale che puo' essere tanto la galleria che l'abitazione privata. Il progetto dei suoi lavori si pone all'interno di una fruibilità dell'arte nello spazio.
La funzionalità diventa un rapporto fisico e mentale con un'opera d'arte enigmaticamente semplice. Per questo la complessità si sviluppa a cominciare da una facilità d'approccio che vuole coinvolgere sinesteticamente più sensi contemporaneamente. La stessa modularità apparente è presentata sempre con varie aperture e singolarità che la legano. La freddezza della ripetizione viene scaldata dai materiali o dalla luce che modifica l'opera espandendola nello spazio e irradiandola nel colore. Rileggendo l'intero corpus dagli elementi seriali in gomma monocromi ripetuti e realizzati in diverse tipologie di materiali, alle opere a parete che con l'inserimento di lampadine o di neon creano con la loro temperatura luminosa effetti differenti di interazione e colorazioni e le superfici colori delle gomme e del caucciù, si comprende come una finalità comune sottenda alla ricerca dell'artista veneto. Tra gli ultimi lavori si nota uno sviluppo che prosegue un percorso teso verso la radice delle forme ibride tra pittura e architettura: anche se adopera come supporto un prodotto di tipo industriale come il plexiglass, vi inscrive un percorso labirintico che riprende il tema del reticolato romano. Il suo occhio attento per l'architettura e per lo spazio umano, ha ricostituito attraverso la pittura un tema architettonico che appare anche come un labirinto: una struttura che da un lato protegge e preserva, mentre dall'altro sconcerta come un tortuoso percorso concettuale. E' sempre lo spazio umano ad interessarlo, uno spazio essenziale, ma non spoglio.

Uno spazio in cui, la riflessione dell'artista visivo, riassume la storia delle forme collegandole con l'attualità, con un concetto di contemporaneità da vivere e indagare incessantemente.

L'opera assume una sua concreta presenza che è amplificata da un significante disadorno. Eppure Momoli cerca proprio di finalizzare il lavoro a questo rapporto tra lo spettatore e l'opera che si pone muta e silenziosa senza l'eccesso di una scelta esclusivamente tecnologica dei materiali, né della chiusura monocromatica che isola l'opera d'arte dal contesto e ne fa una monade non comunicante con l'esterno, ma scegliendo una via intermedia che lasci spazio ad un coinvolgimento sensoriale e visivo, quanto ad una riflessione puramente mentale. Questa è probabilmente la caratteristica del suo lavoro, che lo colloca in una posizione abbastanza insolita nel panorama artistico italiano. Il mistero e la magia dell'opera riverberano una posizione di rispetto per il ruolo del fruitore e del piacere di una scoperta per gradi e necessaria consuetudine al rapporto tra l'opera stessa e la "cornice".
Naturalmente tutto questo può avvenire con un progetto in cui l'artista sorveglia strettamente le possibilità relazionali tra l'arte e l'architettura, così come sorveglia la resa formale e cromatica dei materiali.

Valerio Dehò
In occasione della mostra presso la galleria G7
Bologna, 2001



Valerio Dehò   |   Bologna, 2001