Giuseppe Siano

Forme nell'Isola
Giuseppe Siano   |   Procida 2016

Di chiara matrice "minimalista" è l'esposizione di Vinicio Momoli per Procida. Mi riferisco, in particolare, ai materiali utilizzati e al suo originale modo d'intendere un'opera d'arte. Le sue opere, non a caso, hanno perso la dimensione di "rappresentazione" di un'immagine o di una forma corrispondente al reale, per palesarsi come un "oggetto artistico". Questo accade sia quando l'opera rimane appesa alla parete, e sia quando - in pieno spirito minimalista - diventa un "oggetto tridimensionale", che invade lo spazio espositivo, per lo più scendendo a terra e diventando un "oggetto artistico" di cui fare esperienza. Non importa, poi, se in questo caso l'opera di Momoli si pone a una certa distanza dal coinvolgente contatto fisico del fruitore; quando questi si aspetterebbe che fossero rispettati tutti i principi della corrente minimalista. Secondo me fin qui giunge la citazione minimalista di Momoli, senza dimenticare l'utilizzazione di alcuni materiali innovativi quali il ferro, il plexiglass e la gomma. La sua narrazione è essenziale; ed è ridotta, in qualche opera meno recente, alla linea, al volume e alla luce. Egli, comunque, vuole rendere lo spettatore partecipe dell'opera d'arte, e lo fa con discrezione. Per questo Momoli concepisce, a differenza degli ortodossi della corrente minimalista, il rapporto tra fruitore e opera coinvolto in una relazione ancora a distanza, senza un impatto fisico complice di interazioni invasive dell'opera. Ed è così che l'opera d'arte per il Nostro, assume anche un carattere concettuale; proprio perché "l'oggetto artistico" si distanzia dagli altri "oggetti" e dal contatto col corpo fisico del fruitore. Si scopre anche che l'opera d'arte per il nostro artista è innanzitutto un "oggetto" che diventa artistico attraverso l'esperienza sensoriale della luce, del colore e dei materiali. Per questo motivo penso che Momoli pur mantenendo la costruzione formativa minimalista, che investe sia i nuovi materiali e sia l'essenzialità della costruzione modulare-informale, includa nelle sue produzioni anche la visione spazialista; in particolare quella che non fa differenza tra pittura e scultura, ma che percepisce dell'opera solo «forme, colore, suono».

Con questa visione trasversale si può dare quella giusta collocazione intermedia a una parte delle opere alle pareti di Momoli; in particolare, mi riferisco a quelle che superano l'astrattismo geometrico semplificativo e che spesso si palesano anche con buchi e tagli, che fanno evocare la citazione di altre esperienze radicali come quelle di Burri e di Fontana. Momoli non può essere ascritto tra gli artisti che "radicalizzano" nell'opera il messaggio di una particolare esperienza estetico-linguistica, proprio perché è interessato anche agli equilibri formali tra materia e colore. Eppure nonostante che le sue opere siano poste a una certa distanza dal fruitore, il rapporto con esse continua indubbiamente ad essere fisico, come hanno ben ricordato Renato Barilli, Boris Brollo e Omar Calabrese, quando pongono l'accento specie sui materiali nuovi utilizzati. Questi critici, infatti, invitano ad abbandonarsi a un confronto relazionale, che è poi il cardine delle teorie minimaliste. Ciò che ha rilievo nelle opere di Momoli, perciò, non è né l'oggetto rappresentato e neppure il rapporto fisico che, come ho notato, si stempera nell'equilibrio formale e tonale dell'"oggetto artistico". Nel caso specifico delle opere-oggetto questo rapporto diventa visivo-tattile nelle sculture, per la presenza di materiali poco utilizzati nella progettazione e formazione degli "oggetti d'arte". Vi è, poi, la poca esperienza dei fruitori che mal digeriscono un racconto che ha radice in un linguaggio artistico non ancora ben codificato; nel quale si alienano finanche i canoni della riduzione minimale del progetto. Per questo motivo sembra che Momoli proponga un superamento di quell'esperienza di riduzione minimale delle idee e dei concetti nell'opera d'arte. Difficile è oggi connettere direttamente le esperienze ai modelli di cognizione che ognuno di noi sceglie ogni volta in un contesto relazionale. Viviamo in un universo fondato sulla teoria della probabilità, per cui ogni volta che scegliamo una direzione e un'organizzazione facciamo emergere anche dei valori.

Sono queste frecce spazio-temporali che emergono ogni volta nelle singolarità come relazioni che generano anche una coesione linguistico-organizzativa, e un codice comportamentale momentaneo. Eppure Momoli tenta di cancellare dalle sue rappresentazioni minimali anche i codici ultimi di riferimento; perché ha come proposito — se potessimo dire — di "rappresentare il minimalismo dei codici linguistici" non ancora ben codificati e riconoscibili come organizzazioni relazionali. Ecco che l'osservatore può ritrovarsi in una specie di rovesciato "détournement" (alias: "straniamento che modifica il modo di percepire gli oggetti comuni"). In questo ambiente singolare sono gli "oggetti artistici" insoliti che cercano di stabilire nessi con oggetti reali o immaginati per mezzo di codici remoti con cui l'osservatore può evocare modelli relazionali e comportamentali. I codici e i modelli artistici nelle opere di Momoli possono emergere solo per l'esperienza di un fruitore, e dalla connessione di proprie relazioni concettuali. Ne rileviamo che i nostri comportamenti e le nostre cognizioni sono ormai fondati non più sulle relazioni tra soggetti e oggetti, ma sulle relazioni tra una singolarità e il suo ambiente vitale. In arte la struttura e i materiali costitutivi di un'opera sopravanzano i concetti e le idee formulate attraverso i significati reconditi delle parole. Ciò avviene perché i modelli artistici ed estetici del passato sono diventati inutilizzabili per raccontare di "oggetti artistici" non ancora emersi come modelli relazionali e culturali. Per questo sembra che Momoli si avvalga di lessemi che, nonostante la radice comune, non hanno ancora permesso l'emergere di modelli in cui si forgiano quegli idioletti linguistici che permettono di raccontare le esperienze della vita, in relazione anche alla nuova visione filosofica dell'universo. Bisogna comprendere, innanzitutto, come oggi l'organizzare delle cognizioni produce in ogni singolarità diversi modelli e diversi codici di riferimento comportamentali; e, inoltre, se non si padroneggia il codice di una delle tribù artistiche non può esserci un'appropriata condivisione di esperienze. Nello specifico, per il Nostro artista, sembra che il racconto sia insito nell'indeterminazione del messaggio. Il messaggio è affidato a un indefinito "oggetto artistico" che a ogni singolarità potrebbe o meno raccontare che per ogni produzione umana fisica o concettuale ci sono indeterminate probabilità che possa emergere un codice linguistico ben strutturato che oggi indichi come è nato, come finirà questo universo e quale fine ha, insieme a una attuale non ben individuata "teoria del tutto"; ma ci sono anche altre indeterminate probabilità che delle "teorie del tutto" completamente diverse potranno emergere domani, e tante altre indeterminate probabilità che non possono emergere mai in questo nostro universo relativo. In questo modo il messaggio artistico sembra che sia affidato da Momoli alle emergenze cognitive delle singolarità. In sintesi possiamo dire che per Momoli indeterminati e probabilistici sono i principi, mentre minimaliste sono le sue opere; giusto perché queste vanno osservate per l'esperienza che si forma quando la luce e i colori dei nuovi materiali colpiscono la sensibilità degli osservatori.

Giuseppe Siano - Teorico dell'arte
Procida (2016)



Giuseppe Siano   |   Procida 2016