Mariano Navarro

Catalogo della mostra
MARIANO NAVARRO   |   Torrelavega, Cantabria (Spagna) 2002
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Vinicio Momoli si é interessato, fin dall'inizio del suo lavoro artistico, alla fusione dei materiali, intesi nella loro sostanzialità e nelle loro evocazioni e funzionalità.
Nei suoi primi pezzi che conosco, dei primi anni novanta, mescolava ferro e legno,associava il gesto dipinto o sottilmente disegnato alla lastra metallica bucata industrialmente e disegnava sculture come mobili preparati per clienti immaginari, sedie senza schienali, un solido divano che non conosce la disposizione al riposo. Omar Calabrese situava dunque la sua, nella linea dell'opera minimalista dei narratori Raymond e Ian McEvan, del rifiuto del "gusto neobarocco che si riassume in una ricerca, spesso ironica, della complicazione dei modelli formali e di quelli narrativi dell'arte. Il ricorso alla citazione, il ritorno dei figurativo, il piacere per le figure instabili e caotiche erano tutti tratti essenziali di quel gusto" Giulio Ciavoliello per parte sua in un paradosso che reincontreremo in riferimento al'artista, vede nelle sue preferenze un universo molto diverso da quello del post-moderno. "Momoli lavora con materiali naturali, perché essi sono stati adoperati dall'uomo per costruire, per cambiare il paesaggio. Materiali, forme, oggetti vengono considerati, scelti, richiamati per il loro significato antropologico. Essi contengono di per sé un valore rituale, legato ad aspetti di lavoro, riposo, tempo libero. L'artista a rituale aggiunge rituale, ai riti della vita aggiunge, attraverso dislocazioni e altre creazioni, il rito dell'arte".

In questo periodo prestava attenzione anche alle installazioni dei pezzi, concepiti più che altro come pezzi da parete e, più raramente come pezzi al suolo, con scale di un'armonia espressiva. Allo stesso modo poteva servirsi del disegno diretto sulla parete come mezzo di sottolineatura di dettagli architettonici.
Alla metà della decade, il suo stile si fa un po' più rigoroso nella scelta delle forme che appaiono ridotte a moduli irregolari, mentre allarga le sue opzioni cromatiche con l'inclusione del rosso e dell'indaco al nero ed al colore proprio del legno. Mantiene intatta intanto la sua predisposizione a confrontare dialetticamente figure e materiali. Subito dopo e fino alla scorcio finale dei novanta la sua opera conosce cambiamenti importanti. Dapprima le figure si adeguano in modo ortodosso al linguaggio minimalista, tanto per le loro forme regolari con predominio del quadrato, del rettangolo e di modelli romboidali, come per la soluzione monocromatica dei colori, che moltiplicano, qui sì, le loro varianti: un nero antesignano, bianchi lattei, gialli stridenti, verdi pastello, azzurri marini e notturni, ecc. Tale proliferazaione cromatica e la tendenza progressiva verso colori luminosi, fiammanti caratterizzeranno, come vedremo, il suo lavoro degli ultimi anni.

La sua disposizione nello spazio resta fedele alle contrapposizioni e ai dialoghi sul muro, senza perdere le pennellate armoniche che abbiamo descritto.
Accentua ora il suo carattere solido, realizzando parallelepipedi che addossa alla parete o pone al suolo.
Appaiono poi organizzazioni e formule, particolarmente nei pezzi a terra, come "pavimento senza titolo", del 1997, nei quali credo vedere certi riferimenti, più delicati che ironici, ai padri del minimalismo, qui a Carl Andre.
Il materiale dell'opera é la gomma, come usuale nel suo lavoro. Gomma nera, compatta, che Momoli taglia e lavora fino a consegnarle distinte tessiture di superficie che assorbono la luce in modo ineguale e, per così dire, dandole differenti consistenze.

Ma é l'aggiunta di un nuovo elemento che trasforma le sue opere: incorpora la luce. Luce elettrica, da lampadine di forma generalmente sferica, una figura nuova fin qui assente dal suo catalogo di forme che provoca modifiche sostanziali ed alterazioni da colore riflesso nella nostra percezione.
Varia anche l'installazione, perché la presenza inedita dei cavi, che aggregano un nuovo "disegno" estendentesi tra l'opera a muro ed il suolo, genera un nuovo spazio che si estende rifulgente, attraversato da punti brillanti e trasparenze.
Per definirlo in un modo leggibile, direi che la sua opera si é fatta atmosferica, una specie di aura che avvolge l'occhio dello spettatore, che si può legare agli oggetti solidi, come flottare, indiferente e libera, in un etere fatto di luce espansa.
Dalla combinazione e miscela di alcune di queste linee sorgono, mi pare, i componenti essenziali delle opere che compongono la mostra che presentiamo, e che l'autore ha chiamato "parole al vento".

Sono la trasparenza delle possibilità formali di scelta, come un doppio riferimento che si reclama a certa tradizione modulare italiana per, diciamo, smontarla e, per ultimo, una modalità d'installazione che senza abbandonare la sua potenza formale diventa scenografia.
Grandi lamine di metacrilato, dietro le quali leggiamo le caratteristiche della superficie a cui sono appoggiati, sulle quali l'artista ha tracciato un concatenamento intricato di linee che sembrano piante di città impossibili o, forse meglio, vie di circolazione, colori transitabili, a volte come superfici ripiene che seminano campi o zone di riposo (forse più una mia idea che un ritorno di Momoli alle sue origini). Colori della cui gamma abbiamo parlato poco fa, ma intensificate nella luminosità dalle condizioni del supporto, tanto da costituire una seconda figura fatta di ombre radianti. Curiosamente la scenografia delle sue installazioni avviene ora per pezzi distinti. Così, in "Lo spazio ritardato" del 2002, nella quale, davanti al metacrilato appoggiato al suolo, ha collocato decine di bicchieri che illumina con un potente fuoco bianco, che li fa sobbalzare mentre si riflettono e rilucono contro la superficie disegnata. In "senza titolo", dello stesso anno, gli spettatori sono vere figure di uomini e bimbi, tutti con un tratto in comune: portano valigie e rappresentano segni di saluto mentre contemplano (così a noi pare) un piano di un possibile viaggio virtuale.
Una proposta diversa ed eterogenea che calza a perfezione il titolo che Momoli diede ad una esposizione realizzata nel 2000 a Bologna: "Semplice/complesso".

Mariano Navarro
Catalogo della mostra,
Centro Nacional De Fotografia,
Torrelavega, Cantabria (Spagna) 2002



MARIANO NAVARRO   |   Torrelavega, Cantabria (Spagna) 2002